NARSETE CONTRO I PERSIANI



Correva l'anno 562, l'Impero Romano d'Oriente aveva appena riconquistato l'Italia eliminando definitivamente la minaccia ostrogota, quando un mai domato pericolo si riaffacciava alle porte orientali dell'impero.
I persiani, sotto la guida dell'energico Re dei Re Khusrau I, premevano sull'Anatolia Orientale con il loro esercito appena riorganizzato. L'eunuco Narsete, Martello dei Goti, venne richiamato dall'Italia per organizzare le difese. Il generale riunì sotto il suo comando forze provenienti da ogni angolo dell'impero: oltre all'onnipresente cavalleria regolare e federata assoldò un contingente di mercenari longobardi e aumentò il numero della propria guardia personale di bucellari, assoldando anche dei temutissimi àvari; per quanto riguarda la fanteria si affidò ai feroci slavi, espertissimi sui terreni accidentati e alla fanteria regolare, eredi un po' pallidi della legione romana.
Dopo un'estenuante campagna di manovre, schermaglie, imboscate, ritirate e inseguimenti si giunse alla battaglia decisiva.
Il generale bizantino riuscì a chiudere la via di fuga all'armata nemica, costringendo il generale sassanide ad ingaggiar battaglia. I Re dei Re disponeva di un gran numero di cavalleria pesante, completamente corazzata e armata di arco e lancia, oltre ad un discreto numero di arcieri a cavallo e di fanteria a cavallo. Per l'occasione richiamo al servizio la leva, praticamente dei contadini resi schiavi e forzati a combattere.
Narsete scelse di disporre il grosso del suo esercito in una posizione molto difendibile, sfruttando un villaggio per coprirsi il fianco sinistro e una collina boscosa per coprire il destro.
Piazzò i mercenari longobardi sulla sinistra, gli arcieri all'interno del villaggio, ai nobili ordinò di smontare da cavallo e combattere a piedi, formando così un muro di scudi impenetrabile per la cavalleria nemica. Alla destra della falange longobarda dispose la sua cavalleria in formazione profonda, lancieri sul fronte e arcieri in supporto. Narsete e la sua guardia del corpo, bucellari veterani delle guerre gotiche, restarono in riserva dietro la linea della cavalleria insieme alla feroce cavalleria leggera unna. Sulla collina fece disporre la fanteria leggera slava, nascosti nel fitto fogliame, in modo da rendere sicuro il fianco della cavalleria bizantina.
Il piano era di resistere fino all'arrivo del secondo contingente, a quel punto il nemico sarebbe stato schiacciato tra l'incudine e il martello.
All'orizzonte comparve l'armata nemica: una lunga linea ininterrotta andava da un capo all'altro dell'orizzonte. La cavalleria pesante al centro occupava gran parte dello schieramento ed era fiancheggiata da fanteria e cavalleria leggera. Alcune sagome si stagliavano sopra le altre, erano tremendi elefanti da guerra. L'esercito era seguito da una massa enorme di schiavi costretti in battaglia a bastonate, questi formavano una seconda linea e difendevano il campo e le vettovaglie.
Proprio di fronte alla collina difesa dagli slavi si schierarono le truppe leggere persiane, inclusi i temuti daylami, feroci montanari dell'Iran. Proprio queste truppe aprirono la battaglia assaltando il punto chiave di tutta la difesa bizantina. Sulle pendici della collina si scatenò una lotta furiosa mentre il resto della linea persiana manovrava per allinearsi con la cavalleria bizantina chiusa nella gola. Il numero dei nemici rendeva la loro manovra difficoltosa. Il generale bizantino aveva piazzato la sua cavalleria, inferiore in numero, in modo tale che solo un ugual numero di nemici riuscisse a raggiungerla e solo a rischio di essere poi attaccati sui fianchi dalle truppe slave nascoste nel bosco. Le due cavallerie contrapposte si ingaggiarono prima a distanza e subito dopo, al seguito di un tentativo dei bizantini di arretrare, in una mischia furiosa in cui gli imperiali ebbero la peggio. Si era creato così un varco nella linea bizantina.
All'estremità sinistra della linea i longobardi respinsero con facilità la cavalleria persiana. A questo punto le riserve bizantine intervennero a chiudere il varco creato dalla carica nemica e le truppe sulla collina presero sul fianco l'ignara cavalleria persiana già ingaggiata sul fronte dai bucellari di Narsete.
Nel frattempo l'assalto alla collina fallì e tutta l'ala sinistra dei persiani si demoralizzò, cercando scampo nella fuga.
Fortuna volle che in quel momento arrivò il resto dell'esercito imperiale. Un gran numero di kavallarioi, boukellarioi e skoutatoi (cavalleria di linea, cavalleria mercenaria e fanteria "scudata") falciarono la fanteria leggera ormai dispersa in campo aperto, minacciando così il fianco della linea di schiavi e il campo nemico. Khusrau cercò senza successo di interporre la propria cavalleria leggera tra i nemici e il campo ma ormai la cavalleria bizantina era lanciata in una carica trionfale e spazzò via i nemici con facilità.
Intanto tra il villaggio e la collina infuriava la battaglia tra le cavallerie. I persiani, avendo i fianchi scoperti ebbero presto la peggio e subirono ingenti perdite.
L'esercito sassanide si sfaldò definitivamente. Con urla disumane gli schiavi fuggirono travolgendo il campo, per essere travolti a loro volta dalla cavalleria persiana superstite o dai vittoriosi bizantini al grido di "DEUS NOBISCUM!". L'inseguimento durò parecchi giorni e portò alla distruzione di oltre la metà dell'esercito persiano.

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